domenica 30 maggio 2010

Il Cai - niente bandierine sui rifugi

Ma la Giunta Provinciale non ha nulla di meglio da fare?

Il Cai - niente bandierine sui rifugi

Il presidente Valoti reagisce alla proposta di issare un nuovo vessillo della Provincia.
È polemica per l'iniziativa dell'Amministrazione, con l'inserimento della scritta Bèrghem sotto lo stemma

Esplode la polemica sulla nuova «bandiera» della Provincia di Bergamo che oggi per la prima volta verrà issata al rifugio Cà San Marco in occasione della posa della targa dedicata a Papa Giovanni XXIII. La bandiera è su sfondo verde con lo stemma provinciale posto in mezzo e due scritte: sopra «Provincia di
Bergamo», sotto «Bèrghem». In pratica il gonfalone riproposto in orizzontale con la scritta in dialetto.
A mettere i puntini sulle «i» è, innanzitutto, il presidente del Cai di Bergamo, Paolo Valoti, in risposta alle dichiarazioni dell'assessore provinciale alle Politiche montane Fausto Carrara rilasciate a L'Eco di Bergamo. L'assessore, dopo aver chiarito che la nuova bandiera non è ancora stata «istituzionalizzata» dagli organi competenti e che, quindi, non può essere usata per occasioni ufficiali, aveva osservato che «non ci sono controindicazioni per essere issata sui rifugi. Buona parte dei rifugisti si è già dichiarata disponibile». Ma Valoti parla di «equivoci: dieci mesi fa ho incontrato l'assessore per un primo contatto. In quel contesto si era detto che si poteva valutare la possibilità di esporre il simbolo istituzionale della Provincia, ma nell'ambito di un progetto complessivo di promozione della montagna, dei rifugi, dei sentieri.

Al contrario il Cai di Bergamo non è disponibile ad esporre nessuna "bandierina": quella della quale si sta discutendo, per ammissione della stessa amministrazione provinciale, non è ancora stata approvata dagli organi competenti. La nostra disponibilità è solo per i simboli istituzionali, riconosciuti da tutta la gente di Bergamo e nei quali tutti i bergamaschi si identificano». E Valoti aggiunge: «La montagna è un luogo di passione, condivisione e libertà per tutti. I rifugi sono case di accoglienza, ospitalità e convivialità. Il Cai fonda la sua autorevolezza e credibilità sulla capacità di accogliere tutte le sensibilità politiche e non vuole essere usato per finalità di parte».

Il presidente del Cai di Bergamo conclude puntualizzando anche riguardo alla manifestazione di oggi a Cà San Marco: «L'edificio – chiarisce – è sempre stato di proprietà della Provincia. Il Cai lo ha gestito come rifugio dal 1954 al 1979: in occasione dell'inizio della gestione, il futuro Papa Giovanni XXIII, allora Patriarca di Venezia, a conclusione del convegno tenutosi a San Pellegrino, scrisse sul libro del rifugio del Cai Bergamo la frase riportata nella targa che verrà posata domani (oggi, per chi legge ndr) da parte dell'Amministrazione provinciale. Ma con questa iniziativa il Cai Bergamo non ha nulla a che fare: non è stato neppure invitato».

A testimonianza di come la questione sia delicata e controversa, ecco una lettera giunta al giornale e inviata
al presidente del Cai da un socio di Bergamo, Paolo Turrazzi: dopo aver ricordato le prescrizioni statutarie del Cai in merito all'esposizione di bandiere, afferma che «nel caso in cui dovessi vedere sventolare questa "nuova" bandiera nei nostri rifugi, vi chiederò di cancellarmi tra i soci del Cai di Bergamo».

Carlo Saffioti, coordinatore provinciale del Pdl e consigliere regionale, osserva: «Credo che qualunque modifica debba seguire una procedura precisa e debba essere condivisa e approfondita. Siamo stati messi di fronte ad un fatto quasi compiuto: il presidente della Provincia Ettore Pirovano ha fatto una forzatura non apprezzata. Ci sono temi più urgenti da affrontare sui quali tra noi e la Lega c'è piena sintonia». Ora Saffioti auspica un «approfondimento sulla questione con un confronto tra le parti politiche». E l'esponente Pdl ricorda che «l'unità della provincia di Bergamo nasce con l'unità d'Italia e con il nome "Bergamo".

Quando si toccano i simboli occorre molta attenzione e condivisione». Saffioti conclude sui rifugi: «È importante che ci sia la bandiera nazionale; dopo di che ci può stare o meno anche il logo della Provincia». Antonio Misiani, parlamentare del Pd, ricorda le «fabbriche che chiudono e le migliaia di persone in cassa integrazione o disoccupate. Ci aspetteremmo che l'Amministrazione provinciale si occupasse di questi problemi, perché solo un imbecille o un provocatore può pensare di impiegare tempo e soldi dei cittadini per cambiare la bandiera della Provincia. Contrasteremo la bandiera di Pirovano in tutte le sedi: il vessillo della Provincia appartiene a tutti i bergamaschi, non è proprietà privata della Lega». Anche gli esponenti del Pd Gabriele Riva, segretario provinciale, e Matteo Rossi, consigliere di via Tasso, invitano Pirovano «a porre al centro dell'agenda politica temi più vicini ai reali bisogni dei cittadini. Inoltre la manipolazione dei simboli istituzionali secondo logiche di parte è segno di scarso rispetto nei confronti delle istituzioni». Valter Grossi e Nicola Carrara di Alleanza per l'Italia parlano di «un'idea che rivela pulsioni secessioniste e un atteggiamento proprietario verso le Istituzioni». Dal canto suo Pirovano spiega che alla base di tutta la polemica c'è «un problema di disinformazione: questa non è la nuova bandiera della Provincia».

L'amministrazione di via Tasso, dice, ha solo preparato «una bozza di una nuova bandiera basandosi sul gonfalone ufficiale della Provincia, attualmente in uso: lo sfondo del gonfalone è verde da almeno quindici anni ed è stato solo messo in orizzontale, sostituendo le parole «Bergomatum Ager» con «Bèrghem» che significa «casa sul monte». «Non è una provocazione – conclude Pirovano –; è una bozza che ripercorre al 99% l'attuale gonfalone. Presto sarà inoltrata ufficiale domanda alle autorità competenti per ottenere il decreto».

Gianluigi Ravasio - L'Eco di Bergamo Domenica 30 Maggio 2010 CRONACA, pagina 25

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