Itinerari storici delle Valli

La Valle Parina - Zorzone di Oltre il Colle


La morfologia dei luoghi è sempre connessa alle caratteristiche litologiche delle successioni geologiche presenti. La parte alta della Val Parina è impostata in rocce tenere (calcari marnosi, marne, siltiti, ecc.), di origine lagunare e deltizia, che sono facilmente erodibili e modellabili da parte degli agenti esogeni (gelo e disgelo, vento, pioggia, ecc.). Il risultato è un paesaggio dolce e ondulato, impreziosito dai bei prati, sui quali poggiano le frazioni di Oltre il Colle. Su queste rocce, in successione stratigrafica regolare, poggiano le dolomie e dolomie calcaree (dolomia principale del Norico), molto più dure e resistenti all'erosione, che caratterizzano il paesaggio con le forme pinnacolari, i torrioni e le guglie dell'anfiteatro tra i monti Menna, Arera e Alben. Poco a valle del ponte sulla strada carrozzabile tra Oltre il Colle e Zorzone, il tipo di roccia cambia bruscamente e si entra nell'area un tempo occupata dall'estesa piattaforma carbonatica del Ladinico.

In questo lungo tratto il torrente Parina ha scolpito il durissimo calcare di Esino modellando un paesaggio aspro, dirupato, con profondi e paurosi orridi ricchi di particolari forme di erosione. Oltre a queste caratteristiche naturali, la Val Parina custodisce altre due preziose risorse, un tempo molto importanti per l'economia valliva: i minerali ed i boschi. 

Sono molto noti i livelli mineralizzati a zinco e piombo presenti nelle viscere del Monte Menna e del Pizzo Arera, i quali, nei secoli scorsi, hanno conferito al distretto minerario di Oltre il Colle una rilevante importanza economica, ponendo tra l'altro le basi per l'insediamento dell'uomo in valle (si veda in tal senso l'ampia documentazione presso il Museo di Zorzone). Sicuramente meno conosciuta è la fase di sfruttamento intensivo dei boschi, che per circa mezzo secolo ha costituito una importante realtà locale. Sul finire della prima guerra mondiale, la grande richiesta di legna da ardere, connessa anche all'attività estrattiva e al fabbisogno di combustibile per i forni, aveva infatti determinato un radicale impoverimento dei boschi della Valle Brembana. 

Rimanevano da sfruttare solo le aree più difficili e poco accessibili e, tra queste, la grande foresta di faggio e carpino della Val Parina. Il problema consisteva nel trasportare la legna dalle pendici meridionali dei monti Campo, Valbona e Ortighera fino alla strada pianeggiante di fondovalle della Val Parina. Con grande coraggio venne pensata, progettata e realizzata con enormi sacrifici, la strada della Val Parina, un'opera grandiosa per la scelta del percorso e per le soluzioni tecniche adottate. Il tratto iniziale, dalla confluenza con il Brembo, si sviluppa per circa tre chilometri, scavati a mano con grande perizia e dotati di gallerie, ponti e muri di sostegno necessari per mantenere costante la pendenza e garantire una discesa sicura e agevole dei vagoncini lungo i binari.



Al termine del tratto pianeggiante, la strada diviene mulattiera, si porta al di sopra degli orridi e prosegue agevole sino all'abitato di Zorzone. Dai vari lotti sottoposti al taglio, i carichi di legna scendevano al capolinea mediante funi a sbalzo ed erano caricati sulle piattine” che correvano lungo i binari fino alla confluenza con il Brembo. Qui la legna veniva nuovamente sospesa alla fune per scavalcare il fiume e, giunta finalmente sulla strada del fondovalle, caricata sui carri trainati da cavalli alla volta di Milano e dei porti fluviali della pianura padana. La forza lavoro occupata stabilmente era composta da una ventina di boscaioli, ai quali si aggiungevano per lunghi periodi decine di stagionali; intorno agli anni quaranta lavorarono in Val Parina fino a 300 operai. Con il progressivo impiego del petrolio, la richiesta di legna diminuì cessando del tutto alla fine degli anni cinquanta.

A seguito della coltivazione delle cave di marmo, la strada venne completata con la costruzione del ponte sul Brembo e fu utilizzata per il trasporto del materiale lapideo, sostituendo i muli con la forza motrice di una locomotiva "décauville". Agli inizi degli anni sessanta terminarono sia l'attività estrattiva che il commercio della legna. Successivamente un violento nubrifagio su Oltre il Colle scarica nella Val Parina una grande quantità di detrito, travolgendo e distruggendo parte delle strutture viarie, tra le quali il ponte sul Fiume Brembo, di cui restano oggi soltanto i basamenti dei piloni. 



La Val Parina è percorsa da un comodo sentiero indicato con il segnavia CAI 259, che collega la frazione di Zorzone, nel comune di Oltre il Colle, con la località Scalvino, in Comune di Lenna. Il percorso integrale richiede circa 4-5 ore di cammino e necessita di un appoggio per il rientro in automobile. Partendo da Scalvino è possibile chiudere un anello risalendo al Passo dell'Ortighera, tramite l'antica via delle mandrie di Dossena e scendendo poi su Lenna. Dal comodo tratto pianeggiante che corre sull'antica strada ferrata è possibile osservare gran parte dei fenomeni naturali e delle erosioni scavate sul fondo del torrente. Quest'ultimo si presta anche ad avventurose discese che però richiedono buone competenze di torrentismo e ottima preparazione (fare sempre riferimento ad una guida).



Note sul sentiero per dare un senso e dei riferimenti per capire le particolarità della zona che parrebbe monotona, strapiombante e arida nella monotonia dell'ambiente solatio calcareo di mezza costa.
Itinerario nel fondovalle della Val Parina, verso Zorzone in un ambiente selvaggio dove la presenza dell'uomo è  occasionale e da anni solo di passaggio e curiosità storica o osservazione naturalistica.
L'ambiente è il fondovalle calcareo senza abitazioni, rifugi, baite o capanni di caccia per ricovero o soccorso. Solitamente si percorre il sentiero CAI 259 senza incontrare persona. Il sentiero è impegnativo per la lunghezza e per alcuni punti con strapiombi esposti che impongono la massima attenzione. La sezione CAI di Oltre il Colle tiene la manutenzione di questo lungo sentiero di fondovalle che essendo in fondovalle ha una crescita della vegetazione notevole e se c'è bagnato o rugiada è assicurata una lavata. I cellulari non prendono segnale, salvo i satellitari. Massima attenzione al tracciato e lasciare comunicazione sull'itinerario e i previsti orari di rientro o di arrivo a mete diverse.



Partenza dalla Provinciale della val Brembana  Km 35 Frazione Scalvino di Lenna. Piazzale parcheggio agriturismo Ferdy. Il cartello segnavia del CAI sentiero n° 259, indica tempo di percorrenza 5 ore.

 Si attraversa il ponte in ferro che scavalca il Fiume Brembo e si gira a dx e si passa sopra un ponticello di legno e si percorre il bordo del prato sotto un filare di abeti, si aggira a monte la casa dei Fienili e si attraversa la valletta e si risale lo sperone di conglomerato. Il sentiero della Val Parina va in direzione sud ed è più alto rispetto al fiume di 30 - 50 mt. Si cammina sul fianco ovest del monte Ortighera. Al primo sperone si osservano sul sentiero i sassi di rotolamento rossi compressi con ghiaiotto rotondo tipico del fondo del fiume alluvionale. Dopo 5 minuti di cammino si attraversa un canale che è la risorgiva dei Riviù” un sifone spumeggiante che getta acqua solo dopo intense precipitazioni.

Di fronte abbiamo la cantoniera e il bivio con la strada che sale a Cespedosio. Si cammina per 10 minuti sul sentiero che è alto rispetto al fiume Brembo. Il sentiero scende sulla piana della discarica di fango di fluorite della Prealpina. Restare vicini alla scarpata e percorrere la piana e si scende dalla scarpata e il sentierino appena segnato risale  di 50 mt di quota e scavalca la dorsale della Bocca di Parina in corrispondenza di un torrione che si affaccia sulla biforcazione tra Brembo e Parina. Lungo tutto il tragitto sono tanti i torrioni che difficilmente riesci a trovare elementi caratteristici da riconoscerli. Lungo la discesa si vede sulla destra il grande ponte ad arco che porta l'acqua del Brembo alla centrale idroelettrica di S. Pietro d'Orzio. 

Il sentiero 259 arriva sulla massicciata della ferrovia che portava la legna, il minerale e il marmo rosso alla Bocca di Val Parina. Nel primo tratto il lato a sud presenta imponenti discariche delle cave soprastanti sol crinale di Paglio che hanno pelato la montagna con pareti da mozzafiato. In alcuni punti sono state scavate delle brevi gallerie in corrispondenza di speroni che interrompono la ripida scarpata della montagna.

Si percorre agevolmente la vecchia massicciata della ferrovia a scartamento ridotto che in molti punti è stata danneggiata dalla piena del agosto 1974, quando molti ponti vennero travolti dalla piena. Successivamente sono stati rimpiazzati 2 ponticelli in ferro per garantire il passaggio e il sopraluogo ai sentieri sotto le 2 linee ad alta tensione che attraversano la valle scendendo dal passo di Ortighera e risalire ai Lavaggi di Dossena. E' rimasto intatto un ponte in muratura a doppio arco che attraversa la valle poi uno stretto camminamento su cordolo in cemento armato prima del ponte di ferro ripristinato per permettere il controllo degli elettrodotti. Più avanti la valle si restringe e ci sono delle bellissime erosioni e marmitte dei giganti.



L'osservatore attento si accorge dei mulinelli d'acqua e delle erosioni che hanno creato delle nicchie e anfratti stupendi. Solitamente si percorre la valle Parina in periodi di secca e si possono osservare  senza particolare pericolo i sassi rotondi per il rotolamento sul fondo del fiume durante le piene e considerando che il tratto di fiume oggetto di piena e usura per sfregamento è di 5 -6 km  viene alla mente come questi sassi restino prigionieri di mille mulinelli dove subiscono il buratto, come si vede bene in questa immagine dove il sasso è prigioniero della nicchia scavata dai sassi che si alternano.
Procedendo nella valle  in più punti osservi come il fondo è scavato sui fianchi. 

È sempre affascinante camminare sul fondo ed osservare il lavoro dell'acqua durante le piene che da milioni di anni lavorano la valle. Il sentiero sta sempre sul fianco verso l'Ortighera salvo il tratto tra i due ponti (arco e ferro). Sul versante sud che in pratica è sempre in ombra si ripetono alternati abeti rossi, mughi e dei tassi.

Il sentiero arriva al capolinea della ferrovia, un ponticello in ferro attraversa la valle. A destra il sentiero sale in quota e sta alto 100 rispetto al fondovalle per evitare la strettoia dell'orrido della Parina. Il sentiero è scavato e molto esposto, e in corrispondenza di canalini che scaricano, sono fissate delle catene di sicurezza per attraversare. Nel tratto aereo si riesce a guadagnare panorama nella valle e capire la fisionomia della valle.

In sentiero dopo aver doppiato alcune dorsali scende e sulla roccia una croce in memoria di Scolari Francesco ammazzato nel 1917. Bollini del sentiero dei pali che sale a sin in una valletta, proseguire sentiero principale ancora 10 minuti poi si incontra la valle principale che scende dal passo di  Ortighera. Sulla parete sono scritti i tempi per Zorzone, Camerata, passo Ortighera(F), Pianerottolo falsopiano e si inizia a risalire. Sotto il sentiero scende nel fondovalle sotto 50 mt,  arriva nel fiume e risale verso Dossena. (il sentiero è poco segnato e usato solo da motocrossisti dossenesi che annualmente curano la manutenzione). Si sale nel bosco e  si raggiunge una Grotta di conglomerato a più strati dove trovi un agenda dove i passanti lasciano le annotazioni di viaggio.


Avanti ancora 5 minuti e si arriva al  bivio per Zorzone e passo Ortighera. Quota 800 metà strada.
Per Zorzone in piano verso est si gira uno sperone e si attraversa il canalone terminale della valle di Campo, il sentiero diventa agevole e ricomincia ad aggirare a mezza costa le dorsali in leggera salita verso i Pra Parina.
In molti punti si vede la tracciatura del sentiero con muri a secco per allargare il passaggio. Pra Parina, la civiltà di un montanaro-cittadino che con la testardaggine e la tenacia decennale di luciano” sta ripristinando un gruppo di case e mantiene prato e bosco circostante. Ancora sentiero per 1 ora e si arriva alla cappelletta di Petta, curiosa la storia dello scavo e della successiva costruzione. Si vedono le case di Oltre il Colle e case abitate. Praticamente per almeno 3 ore di percorso non si vedono case o luci in lontananza.


Tratto dal Sito http://www.vallibergamasche.info/itinerari/valleparina1.html

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Notizie storiche su alcune vie di comunicazione

Approfondimenti

Notizie storiche su alcune vie di comunicazione


La ‘Via Mercatorum’ e la Strada Priula
La val Brembana, nell’area a Nord-Ovest del capoluogo, costituisce un quarto del
territorio della provincia bergamasca. In questa scheda si segnalano gli itinerari storici
che attraversavano la valle e di cui sono rimaste tracce: questi percorsi affermarono o
modificarono nelle epoche l’importanza dei luoghi, gli ambiti delle gravitazioni e le
gerarchie territoriali. Per completezza vengono citati anche gli interventi realizzati nel
XVI secolo sotto la guida del podestà A. Priuli, tesi a migliorare la viabilità di alcuni
percorsi già esistenti o a realizzare nuovi tracciati coi quali evitare tratti tortuosi o
troppo ripidi, determinando processi di sviluppo di nuovi siti e di decadimento per aree
divenute marginali alla nuova viabilità. I siti di Dossena (con la chiesa plebana), Callora
(percorso porticato) Cornello dei Tasso (con i portici e i percorsi per il
torchio e il mulino), Averara (col percorso porticato), Redivo (con l’edificio storico, a
lungo erroneamente ritenuto l’antica sede della dogana)  che conservano
architetture legate alla viabilità precedente alla realizzazione della Strada Priula,
possono essere considerati nodi locali significativi dell’armatura storica di questo
territorio (modelli esemplificativi anche per siti non considerati nella scheda).
Si fornisce in allegato la riproduzione del disegno, eseguito nel 1596 per il capitano
Giovanni da Lezze, che traccia in nero l’antico percorso di fondovalle e in color oro il
percorso della nuova strada, che si stava realizzando in quegli anni, poi ricordata col
nome di Priula.
 
Nelle epoche più antiche le comunità di queste terre vissero in condizioni di parziale
isolamento conseguente alle difficoltà di accesso alla valle dalla pianura, difficoltà che si
concentravano in particolare nell’area della strettoia fra Botta e Sedrina (nella parte
meridionale del corso vallivo del Brembo) e, più a monte, nella località ‘Goggia’, nei
pressi di Cornello.
In età romana le comunità stanziate nelle valli a settentrione del capoluogo sono
ricordate come aree ‘adtributae’ al municipio di Bergamo. I Romani conoscevano la
presenza di minerali anche in val Brembana: probabilmente il percorso con cui questi
giungevano ai mercati della pianura passava attraverso i valichi di Dossena, Valpiana e
Selvino (verso la Val Seriana e poi verso Bergamo e la pianura).
A partire dall’epoca tardo antica, quando le invasioni resero sempre meno sicuri i siti di
pianura, possiamo ipotizzare un lento spostamento di genti che migrò verso le colline e
poi verso le montagne, causando una crescita demografica negli insediamenti già
stanziati e la nascita di nuovi centri; la valle fu, tuttavia, spesso luogo di emigrazione per
le sue genti che cercavano lavoro altrove (per esempio a Genova o a Venezia) Il percorso
che anticamente permetteva l’accesso al territorio dell’alta Valle Brembana partiva da
Bergamo e raggiungeva Serina attraverso l’altopiano di Selvino, per poi puntare al
valico di Dossena (sito al centro di un’area mineraria e sede della chiesa plebana) e
scendere a Cornello, da dove procedeva verso Averara e il passo S.Marco.
Questo itinerario era chiamato ‘Via Alta’ o ‘Via Mercatorum’ . e aveva in
Serina il suo centro di mercato più importante. La strada procedeva poi attraverso
Piazza Brembana, Averara (dove un tratto di strada correva ‘coperto’ da portici) e il
passo S. Marco, da cui era possibile raggiungere la Valtellina. Sul versante sinistro della
vallata esisteva una mulattiera, di fronte a Zogno, e c’era un ponte per superare il fiumeche
portava a Grumello de’ Zanchi, Poscante, Monte di Nese e poi Alzano (cfr con
l’antica via della Busa)
La via Mercatorum manteneva l’aspetto di una mulattiera per un’ampia porzione del
suo tracciato: non risultava transitabile ai carri e ai cavalli, tuttavia era percorribile da
carovane di muli e i viandanti potevano trovare ospitalità e ristoro nelle stazioni che si
trovavano presso Trafficanti, Serina, Cornello, Piazza Brembana, Averara e il valico di
S. Marco. Lungo la via si incontravano anche altri luoghi di mercato, fra gli altri quello
di Cornello.
A questo ‘asse portante’ si congiungevano gli itinerari minori, che collegavano le
differenti località e le valli laterali: numerosi passi garantivano contatti e commerci con
l’altro versante della montagna. La porzione di vallata ‘oltre la Goggia’ disponeva infatti
di numerose mulattiere che percorrevano le vallate laterali fino ai valichi, che
permettevano (nella bella stagione) di raggiungere le vallate contigue: da Carona fino al
passo Valcervia (da cui si poteva scendere in Valtellina), da Branzi per Valleve e
Foppolo fino ai passi di Dordona e di Porcile, oppure per Cambrembo e poi fino al passo
Tartaro e Lemma, da Olmo al Brembo per la val di Mezzoldo fino al passo S. Marco,
oppure per la Valmora fino ad Averara e ai passi S. Marco e Verobbio (dai quali si può
raggiungere Morbegno). Sentieri e mulattiere garantivano il passaggio anche per la
Valsassina attraverso il passo del Gandazzo e la forcella del Cedrino. A questi percorsi
vanno ad aggiungersi altri itinerari che garantivano le comunicazioni fra i due versanti
della catena montuosa, ma anche i collegamenti in quota fra i differenti valichi. Capellini
e Guglielmi segnalano fra questi percorsi quello che partiva da Ornica e, passando per i
Piani dell’Avaro, raggiungeva prima la mulattiera del Verobbio, poi la mulattiera di S.
Marco, per procedere verso il Monte Azzardo, fino alla Forcella Rossa: da qui
raggiungeva le mulattiere dei passi di Lemma e di Tartano, collegando sei valichi delle
Orobie, dai quali si poteva raggiungere Morbegno.
La ‘Via Mercatorum’ fu per un lungo periodo, almeno fino alla realizzazione dei ponti di
Sedrina (testimoniati dal 1279), il collegamento più agevole fra la valle e Bergamo, non
l’unico.
In epoca antica, malgrado le condizioni rese difficili dalla presenza di pareti di roccia a
strapiombo sul fiume e strettoie con massi che ostacolavano il passaggio, nonché il
frequente pericolo di aumento della portata del fiume in occasione di temporali nell’alta
valle o nelle valli laterali, venne comunque tracciato un sentiero di fondovalle; di questo
itinerario rimangono tracce nei resti di mulattiera che passava per Costa Cavallina e
Postiero, poi puntava verso il ponte che permetteva di superare il torrente Brembilla
(testimoniato a partire dal 1178), risaliva fino a sopra le ‘Grotte delle Meraviglie’ per
dirigersi verso Zogno, S. Pellegrino e S. Giovanni Bianco.
Questo tracciato di fondovalle poteva essere percorso, per alcuni tratti, con i carri
leggeri; probabilmente è la direttrice che troviamo indicata nel disegno del 1596
(eseguito per il Capitano Giovanni da Lezze) come ‘strada vecchia’ (segnata a tratto
nero, mentre la ‘nuova’ strada, la Priula, è segnata in color oro); le difficoltà maggiori si
incontravano a voler connettere questo settore della valle con l’area a Nord della Goggia
(in prossimità di Cornello): le rocce a strapiombo separavano queste due parti di valle
che potevano essere collegate solo attraversando (a piedi!) il centro di Cornello dopo
una ripida salita; dall’abitato si discendeva poi, con ripido e pericoloso tragitto, fino alla
località Orbrembo Secondo gli studiosi Pesenti e Carminati la mulattiera che passava per
Cornello dirigeva poi verso Lenna, Piazza Brembana, passava per Frolla poi proseguiva
verso il ponte di Olmo al Brembo; poco dopo, nelle vicinanze della località Malpasso,
saliva ripida fino alla contrada Sigadola e poi fino alla parrocchiale di Mezzoldo,
passando per Cà Sonetti e Cà Vassalli (tratto conservato); divenuta un sentiero,
giungeva ad Averara, risaliva la Valmora (dove venne realizzato l’edificio della dogana
a Redivo), raggiungeva Caprile e poi il passo, da dove puntava verso Morbegno. Questo
itinerario fu confermato anche in epoca veneta, percorso dai corrieri postali (fra Venezia
e Chiavenna) ma anche dai mercanti che intrattenevano commerci fra Bergamo e i
Grigioni.
Era possibile, per chi partiva da Bergamo, connettersi a questo tracciato di fondovalle
attraverso una mulattiera che dalla località ‘Ventolosa’ saliva fino alla contrada Cà
dell’Ora (o Callora: esistono ancora i portici), passava con un percorso sufficientemente
agevole sopra alla parete di roccia a picco sul fiume e poi dirigeva verso la località
‘Campana’, con una ripida e pericolosa discesa gradinata  Da qui il vecchio
percorso scendeva molto ripido fino al ponte di Sedrina, poi procedeva in piano verso
Zogno.
Sotto il governo della Serenissima l’area montana venne scandita in vallate (le più ampie
vennero poi ulteriormente frazionate) e ai centri maggiori venne riconosciuto un ruolo
di centro di riferimento per porzioni di territorio Successivamente alla realizzazione
delle mura che cinsero la città di Bergamo (1561-1588), Venezia si occupò della viabilità
lungo la Val Brembana, tramite l’opera del podestà A. Priuli, per assicurarsi la
possibilità di stringere rapporti politici, economici e militari con i Grigioni che
controllavano la Valtellina (alleati della Serenissima).
L’intento era quello di rendere percorribile ai carri leggeri (e transitabile, in tempi
accettabili, da milizie) l’intero percorso, in un momento in cui i traffici con la Valtellina
stavano aumentando e la alleanza con i Grigioni era considerata una risorsa vitale.
Secondo gli studiosi Pesenti e Carminati Priuli si limitò a intervenire in quei tratti di
strada dove la viabilità risultava maggiormente faticosa; per superare l’ostacolo
costituito dalla strettoia di Botta si realizzò un tratto di via sostenuta con archetti e
tiranti metallici (abbattuto durante l’età napoleonica). Il percorso dirigeva poi, verso
Stabello per poi scendere al ponte di Sedrina in maniera meno ripida (il tratto venne
scavato nella roccia). Nei pressi di Zogno la nuova strada correva più a monte rispetto al
vecchio percorso.
Un altro luogo di difficile passaggio era in località ‘Goggia’, dove uno sperone roccioso
divideva la valle in ‘Brembana’ e ‘Brembana oltre la Goggia’e obbligava la vecchia
strada a salire su ripidi dirupi per raggiungere Cornello, da cui scendere ripidamente
fino alla contrada Orbrembo: qui venne realizzata una strada sostenuta da un muro che
poggiava nel greto del torrente,  e che permetteva di evitare una faticosa
risalita, l’attraversamento di Cornello (rigorosamente a piedi) e la pericolosa discesa.
Nei pressi di Frola la mulattiera abbandonava la quota del fiume e saliva per procedere
poi fino al ponte di Olmo sopra al Brembo: la nuova via venne fatta passare accanto al
fiume, sotto le ‘Corna di Frolla'. 
La nuova strada a partire da Malpasso percorreva il fondovalle (invece di salire) e
attraversava il fiume nei pressi di Piazzatorre per mezzo di un nuovo ponte  
che permetteva, sul lato sinistro del fiume, un percorso meno accidentato; in prossimità
della località Moiacca (a 1 Km da Mezzoldo), la nuova strada riattraversava il Brembo su
un altro nuovo ponte. Oltre Mezzoldo furono aggiunti dei tornanti allo scopo di
diminuire la pendenza del percorso (attualmente si vedono dei tornanti che sono stati
realizzati durante la I e la II guerra mondiale).
 
Questi interventi furono realizzati nell’arco di pochi anni e completati entro il 1600,
quando la Strada Priula si presentò in veste di asse di collegamento di importanza
sopranazionale, garantendo percorribilità fra Bergamo (Porta S. Lorenzo) e i passi retici
senza transitare lungo il Lago di Lecco, territorio dell’ostile Ducato di Milano (che si
estendeva fra il Sesia e l’Adda e giungeva, verso Nord, fino a Colico).
Malgrado l’importanza strategica la Strada Priula rimase comunque poco più di una
mulattiera, anche se regolare e ben selciata, in quanto l’alta quota comportava la
presenza di neve per lunghi periodi dell’anno, inoltre gli Spagnoli, che conquistarono
negli stessi anni la Valtellina, realizzarono il forte di Fuentes (dove si incontrano la
Valtellina e la Valchiavenna) e costrinsero al pagamento dei dazi anche i mercanti diretti
a Morbegno e alla val Brembana.
Venuto meno il ruolo sovralocale, la strada conservò importanza per la valle,
garantendo un percorso diretto che metteva in comunicazione la montagna con il piano
e col capoluogo, determinando nuove gerarchie e convergenze: i centri cresciuti lungo
gli assi stradali più antichi e ora marginali alla nuova viabilità videro ridimensionata la
loro importanza di nodo locale e in alcuni casi decaddero, mentre nuovi centri, di
fondovalle, divennero i nuovi nodi di richiamo e sviluppo, che catalizzarono nuovi
percorsi di collegamento con le valli laterali e le località minori
Cornello dei Tasso
Fra gli abitati che si svilupparono lungo gli antichi assi viari, precedenti alla
realizzazione della riula, ricordiamo Cornello dei Tasso, che in età medievale fu sede di
un importante mercato (testimoniato fra l’altro dal percorso porticato) e luogo di
passaggio obbligato, cerniera fra la bassa Valle Brembana, e la valle ‘Oltre la Goggia’. La
realizzazione del nuovo tratto di Priula a fondovalle, sostenuto da un muro con archi
che poggiava nel greto del fiume, garantì un percorso lineare e agevole che evitava la
salita fino all’abitato. Divenuto luogo marginale nel nuovo assetto viario, il centro perse
attrattiva e vitalità, e si innestò un processo di decadimento e parziale abbandono.
 
Queste condizioni hanno permesso il parziale mantenimento dell’antico abitato; da
questo si dipartono tuttora due percorsi che costituivano la prosecuzione delle due
strade principali di epoca medievale: la Strada del Torchio e la Strada del Mulino
(compaiono nel Catasto Napoleonico) che portavano agli edifici da cui mutuavano il
nome (oggi rimangono i ruderi).
Averara - Area dei portici ed edificio storico di Redivo
A Redivo si conserva un edificio storico, la casa Bottagisi, a lungo erroneamente
considerato la ‘Dogana’relativa all’antico percorso: la struttura testimonia numerose fasi
edilizie che si sono sovrapposte a partire dal XIV secolo. I portici di Averara
testimoniano, con l’importante area coperta di mercato e di passaggio, l’importanza del
sito.
Ponti di età medievale
I ponti hanno offerto la possibilità di interrompere l’isolamento di alcune comunità,
hanno abbreviato i tempi di percorrenza modificando le gerarchie territoriali, hanno
messo in collegamento luoghi vicini allo sguardo e lontani nei gesti, rendendo appetibili
aree prima neglette o marginali; da sempre hanno avuto un forte valore simbolico (oltre
che pratico), segno della ‘forza’ organizzatrice e razionale dell’uomo, che modella,
trasforma, crea.
In questo ambito si segnalano alcuni ponti di età medievale, con particolare attenzione
per le infrastrutture realizzate in area collinare e montana. Questa selezione ha valore
puramente esemplificativo e si presta a essere modello operativo per altre epoche e per
località non citate in scheda.
Ponte del Tarchino
Il ponte, realizzato in epoca medievale sul torrente Tornago in prossimità del suo sbocco
nel fiume Brembo e nelle vicinanze dell’area della chiesa di S. Tomé, fu probabilmente
un rifacimento di una struttura più antica: E. Fornoni lo mette in relazione con il vicino
Ponte della Regina, lungo la via militare che da Bergamo portava a Lecco e alle Rezie. La
struttura, con arco singolo, presenta muratura in conci squadrati e allineati fino alla
chiave dell’arco, mentre superiormente è realizzata in pietra e meno rifinita e in ciottoli
di fiume, a tratti disposti a spina di pesce.
Ponte medievale di Clanezzo
All’imbocco della val Brembilla, lungo la direttrice per Almenno, probabilmente nel X
secolo d.C. (è sicuramente testimoniato nell’XI secolo) venne realizzato un ponte
fortificato, con un’unica arcata, che permetteva di mettere in collegamento la Valle
Brembana con la Valle Imagna. Il passaggio era sorvegliato (tuttora sopravvivono tracce
di un cancello al centro del passaggio sopraelevato e resti di una torre nelle vicinanze
della struttura) e fu luogo di scontri numerosi in epoca comunale. Dal ponte era
possibile accedere, tramite una strada selciata, verso il fiume Brembo dove, in località
Porto, un barcaiolo garantiva l’attraversamento del fiume.
Ponte di Berbenno
Nei pressi dell’abitato di ponte Giurino, nelle vicinanze del Mulino ‘Terse’ sopravvive
un ponte ad arcata unica che permette di attraversare il torrente Imagna. La struttura,
realizzata in conci squadrati di pietra, presenta il caratteristico profilo ‘a dorso d’asino’.
Insieme al ponte di ‘Ca’ Giurino, più a monte, permetteva il passaggio da un versante
all’altro della valle, garantendo il collegamento con la Val Brembilla: rimase struttura
centrale nelle comunicazioni fino alla metà del XIX secolo.
Tratto da http://www.provincia.bergamo.it/provpordocs/cap_4_2_All_1_sch01.pdf

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LA STRADA TAVERNA



 Punto di partenza: Ponti di Sedrina (291 m)
Punto d'arrivo: Passo del Crosnello (1094 m)
Dislivello: 803 m in salita
Lunghezza: 5 km
Tempo medio di percorrenza: 3h - 3h 30'
Punto d'appoggio: Rifugio Lupi di Brembilla a 20' dal Passo di Crosnello o tel. 0345 99383
Cartografia: Kompass n. 105 Lecco-Valle Brembana -
Tab1
Info: Comunità montana o tel. 0345 81177
- GAL Valle Brembana Zogno o tel. 0345 91940
- IAT Valle Brembana o tel. 0345 21020
- Servizio autobus: Autoservizi SAB Bergamo o tel. 035 289011
PREMESSA
La Strada Taverna è un'antica via di comunicazione prevalentemente commerciale e di transumanza che interessa il versante orografico sinistro della Val Brembilla (BG), la cui importanza viene testimoniata in epoca rinascimentale. Non è mai stato considerato azzardato il termine "strada", in quanto il tracciato, aggirando le impegnative gole del torrente Brembilla, prima che questo confluisca nel fiume Brembo, ha reso possibili i collegamenti perenni con i territori della media e bassa Val Brembana e con gli importanti centri economici, ecclesiali e burocratici di Zogno e di San Giovanni Bianco.

Ancor prima della nascita della
Via Priula, il torrente Brembilla veniva superato dall'architettonico ponte a schiena d'asino, denominato "del Cappello", utilizzato da coloro che, provenienti da Almenno, sede della Corte e del potere centrale, volevano raggiungere la valle attraverso Ubiale.

In origine la mulattiera, tracciata tale sino a Sant'Antonio Abbandonato di Brembilla ed a
Catremerio, assunse la denominazione di Strada Meneghina, dal nome del primo abitato che, salendo, si incontra. Successivamente, sulle carte catastali Lombardo-Venete viene indicata come Strada Taverna, probabilmente in virtù di un importante luogo di sosta lungo il tragitto. Alcuni studiosi del GAL localizzano tale edificio a Castignola di Là, dove ancor oggi è rimasto intatto un bell'edificio caratterizzato da un'ampia sala lastricata con camino centrale (una soluzione logistico-architettonica spesso in uso fra le popolazioni Walser di ceppo tedesco), dove sul portale d'ingresso capeggia un'incisione che reca la data del 1507, la più antica trovata nel comune di Brembilla.



L'altro enigma che l'escursionista incontra sono i giganteschi muri di Ca' Marta, imponenti strutture apparentemente senza senso che rappresentano, tutt'oggi, l'elemento più misterioso della Strada. Si tratta di una serie di ciclopici muri con scalinate laterali troppo sovradimensionati e ben scalpellati per essere muri di terrazzamento. Forse erano altari pagani o, secondo la tesi più accreditata, le originarie fondamenta di una fortificazione del XIII secolo, costruita dai Ghibellini brembillesi per difendere l'entrata della valle dalle pressanti avanzate Guelfe presenti in Val Brembana.

Oltre ai misteri, a rendere interessante e bella la Strada Taverna concorre il passaggio di Maroncella, bellissimo esempio di comunità contadina e di architettura rurale di epoca settecentesca: l'antica taverna, la fontana, la casera, l'arco d'entrata alla piazzetta, un tempo forse chiusa da un portone e l'essiccatoio delle castagne. E così via fin su alle contrade di Castignola, di Sant'Antonio di Brembilla ed al "gioiello" finale di Catremerio, che presenta strade selciate, muri realizzati con pietra calcarea frammista ad arenaria intonacati solo a "raso", i primi gradini delle scale in grossi blocchi di pietra ed evidentissimi loggiati in legno con parapetti chiusi. Per questo e tanto altro ancora vale la pena di partire ad occhi aperti ...e con la nostra guida come compagna d'escursione
L'escursione sul tracciato storico inizia in località Ponti di Sedrina, sul lato a monte della strada provinciale per la Val Brembilla, nelle vicinanze del ponte medioevale detto "del Cappello" (285 m). L'accesso è ben visibile ed è indicato con il segnavia CAI n. 592 - Via Meneghina. Il tracciato, con selciato ben conservato, risale con regolari tornanti sino alla Santella votiva dedicata alla Madonna ed ai Santi Gaetano da Thiene ed Antonio da Padova.

Superati gli edifici di Ca' Meneghina, si raggiungono gli imponenti muraglioni di Ca' Marta, ora con la sola funzione di contenimento prativo in posizione molto panoramica sulla bassa valle Brembana. Superate le mura, si arriva alla contrada di Pratonovo con la chiesetta di San Gaetano, protettore della "Strada Taverna" (480 m, 30' dalla partenza). La mulattiera sale poi verso la contrada Maroncella, troppo bella, troppo decadente, dove solo i cavalli bradi paiono essere gli unici esseri viventi dopo la vivacità che la distingueva sino agli anni sessanta. Uscendo dalla contrada, si procede per un tratto lungo il quale si incontrano alcune fontane, abbeveratoi e testimonianze votive poste a protezione dell'acqua.




Raggiunto il suggestivo balcone, detto del Tiglio, la visuale si apre sulla pianura e sui gradevoli pascoli che accompagnano sino al nucleo di Castignola di Là e Muraca, borghi contadini di origine cinquecentesca. Si prosegue per l'altro borgo di Castignola di Qua, attraverso dei "Sapei", sentieri scavati nella roccia, raggiungendola in breve (940 m, 2h dalla partenza). Oltre, la strada piega a sinistra e prosegue in piano per un paio di chilometri, attraversando una faggetta al limite dei pascoli fino a raggiungere l'abitato di Catremerio (988 m, 2h 30' dalla partenza). Frazione rustico-montana oggetto, da alcuni anni, ad interventi di recupero e ristrutturazione da parte del CAI, dell'ANA e di squadre di Scout che ne hanno fatto anche una meta di turismo culturale. L'interesse del borgo si manifesta con numerosi elementi ancora ben conservati e con evidenti testimonianze delle antiche attività rurali affacciate sulla piazzetta e nei vicoli che da essa dipartono. Lasciata alle spalle Catremerio, la mulattiera sale alla Chiesa ed al Passo del Crosnello (o Grosnello) con tratti fra antichi muri di sostegno che, con ingegnose geometrie, rendono utilizzabili preziosi lembi di pascolo.

Dopo una decina di minuti si giunge a Cà Carletti, costruzione che vanta linee architettoniche, ballatoi e porte di spiccato interesse. Continuando il cammino si raggiunge la suggestiva contrada di Crosnello, immersa in un'atmosfera d'altri tempi, dove ogni elemento parla del rapporto uomo-natura, qui reso ancor più delicato dalla penuria d'acqua. Un centinaio di metri dopo la contrada si arriva al valico del Crosnello di Brembilla, vigilato dalla Santella del Viandante (1094 m, 30' da Catremerio). Sulle coste che fanno spalla s'ergono dei bellissimi roccoli settecenteschi, alcuni dei quali ricamati da "costruzioni" vegetali formate da carpini e faggi secolari. Oltre, la Strada Taverna cessa, affacciandosi su
Sussia e sulle contrade alte di San Pellegrino (Vettarola e Ca' Boffelli), poste al sole di fronte ai monti della media Val Brembana e Val Serina, dove fra tutti, laggiù oltre la foschia, emerge il Pizzo Arera.
Tratto da http://www.brembana.info/trekking/taverna.html

 
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LA VIA MERCATORUM




Punto di partenza: Nembro (300 m)
Località d'arrivo: Oneta di San Giovanni Bianco (468 m)
Dislivello: 1332 m in salita (somma dei vari dislivelli)
Lunghezza: 40 km circa
Tempo medio di percorrenza: 12-15 h 
Punti di sosta notturni: con facilità nei paesi attraversati
Cartografia: Kompass n. 104 e n. 105 - -
Tab1 - Tab2 - Tab3
Info: Comunità Montana Valle Brembana o tel. 0345 81177
IAT Valle Brembana o tel. 0345 21020

PREMESSA

A prescindere dalla documentata esistenza di altre "strade" che univano la terra brembana con la città di Bergamo, la Via Mercatorum era la via preferita e più trafficata dai mercanti, perché transitava da paesi ricchi come Serina ed altri un po' meno (vedi Dossena, Cornalba e Selvino), ma bisognosi comunque di scambi e di commerci (si pensi che nel XIII° secolo, Serina contava oltre 1200 abitanti, tantissimi per un paese di montagna, a quei tempi). Alcuni autori giustificano, invece, la necessità di passare in quota solo per la ragione che occorreva aggirare la forra di Sedrina ancora priva del primo ponte sul fiume Brembo. Ma un'altrettanto attenta osservazione del territorio dimostra, comunque, che già esisteva una mulattiera che da Zogno, via Poscante, saliva alla Forcella di Nese e scendeva, senza problemi, su Alzano e da qui a Bergamo, aggirando così la crepa fluviale di Sedrina. Oppure che sempre da Zogno saliva ad Endenna, andava a Miragolo e, via Salmeggia, scendeva a Selvino e ad Albino e da lì a Bergamo. Pertanto, con queste possibilità, va sfatata l'affermazione secondo la quale per raggiungere Bergamo bisognava, per forza, salire a Dossena, scendere a Serina, risalire nuovamente a Selvino, passando anche per la "infossata" Rigosa, poi risalire in quota a Trafficanti e guadagnare Bergamo dopo essere discesi a Nembro.

Rifacendola, naturalmente, in senso inverso nel viaggio di ritorno. Questo era un percorso troppo tortuoso, lungo e dispendioso per il viandante o il pellegrino tradizionale, che preferiva accorciare la strada, a lui non interessava far commerci con i paesi in quota. Altra logica veniva invece seguita dai "Trafficanti" che non avevano problemi di tempo, anzi, passando quassù bastavano piccole deviazioni per toccare altri nuclei abitati, come Aviatico, Trafficanti (paese sorto per fornire appoggio ai mercanti),
Costa Serina ed Ascensione, anch'essi bisognosi di forniture, di scambi e commerci. Il sale, lo zucchero, il vino, i semi, i teli di cotone, gli arnesi da lavoro e da caccia ecc… Ecco allora nascere una vera via per i traffici, non una normale mulattiera tipo quelle ad uso agricolo, larghe sì e no 80 cm, bensì una strada larga oltre 160 cm con tanto di muretto di contenimento, pavimentazione regolare e canaletti di scolo per le acque piovane o sorgive, spesso presenti su queste pendici.

Una bella via, una superstrada, diremmo adesso, che partiva da Nembro, saliva a Lonno lambendo i ruderi del Castello dei Vitalba, dove ora sorge il Santuario dello Zuccarello, proseguiva per Salmeggia, patria del pittore Enea Talpino e scendeva a Selvino, dove in essa confluiva la "bretella" che saliva da Albino, già a quei tempi operoso paese della media Valle Seriana. Da qui, passando a mezzacosta sul versante brembano, proseguiva per Aviatico, Trafficanti, Cornalba, Serina (paese che ha fatto fortuna con tre secoli di Via dei Trafficanti), saliva a Dossena per scendere sul fondovalle brembano a Grumo e, superato con un ponte il fiume Brembo, a monte delle gole di Camerata, saliva al
Cornello dei Tasso, che era organizzato per accogliere e proteggere le carovane e da lì piegare anche verso valle ad Oneta (dove c'è la casa Arlecchino) e ad un miglio di distanza scendere a San Giovanni Bianco, centro fluviale e punto d'incontro con la Val Taleggio. Cornello dei Tasso, a quei tempi, svolgeva anche un ruolo di smistamento delle carovane, così che quelle dirette al Nord risalivano la Val Secca, puntando verso Olmo, Averara e per la Valmora si inerpicavano al valico che ora chiamiamo di San Marco per scendere verso Morbegno e la Valtellina, un tempo terra svizzera del Canton dei Grigioni. Durò tre secoli, poi nel 1593, con la costruzione della più diretta e veloce Strada Priula ad opera dei Veneziani, essa di colpo perse la sua importanza, trascinando nell'oblio Oneta ed il Cornello e lasciando in mano a mercanti locali i paesi in quota. Ne patì anche e soprattutto Serina che perse privilegi e ricchezze. L'economia locale si salvò grazie alle attività estrattive delle miniere, sparse nella valle. Fortunatamente, oggigiorno, grazie agli interventi della Comunità Montana della Valle Brembana, la Via Mercatorum può essere percorsa nella sua interezza lungo facili sentieri, mulattiere e, solo in parte, su strade carrozzabili che hanno "sepolto" con l'asfalto le originarie vie selciate. Complessivamente il tracciato si sviluppa per circa 40 km, percorribili in più tappe di lunghezza variabile a piacimento, mantenendo sempre la possibilità di rientro con i servizi pubblici o con il gioco delle due auto. A piedi o in mountain bike, questa via costituisce sicuramente una bella ed interessante escursione che non offrirà solo valori escursionistici, ma anche culturali, religiosi e, perché no, gastronomici.

ITINERARIO

La partenza di questo lungo percorso è situata a Nembro, in Val Seriana, dove inizia il sentiero, conosciuto anche come "Via delle 15 Tribuline" che, dal fondo lastricato e sormontato da Santelle con affreschi sacri riguardanti i Misteri e la Passione di Gesù Cristo, sale al Santuario dello Zuccarello, luogo di notevole interesse storico, artistico e religioso: venne fondato nel 1374 laddove, ai tempi delle perenni lotte tra i Guelfi ed i Ghibellini, sorgeva una fortificazione militare (Castello dei Vitalba). Entrati nel centro di Nembro si seguono le indicazioni per il Santuario dello Zuccarello fino a pervenire ad un Tribulina (320 m), posta all'incrocio tra via Lonzo e via Dei Vitalba, dove nei pressi si parcheggia. Ci si incammina lungo la larga mulattiera (vedi segnavia CAI n. 535) che si stacca a sinistra della Cappelletta (a destra è possibile raggiungere in auto il Santuario) e che, inizialmente, si snoda tra orti e abitazioni. Man mano si sale si incontrano, ad intervalli regolari, le quindici Santelle. Il tracciato, ben disegnato, si sviluppa con moderata pendenza in un bosco di castagni, sani e produttivi, passando alti sopra la Valle del Lujo. In poco meno di 20' si raggiunge l'ultima Cappelletta e l'ampio piazzale prospiciente il Santuario (449 m). Consigliata la visita. (In estate funziona anche un servizio ristoro e la Festa principale viene celebrata l'8 agosto). Si continua, ora, lungo il sentiero che si stacca a destra dell'ingresso del luogo sacro ed ancora indicato dai segni CAI 535. Dapprima in salita, poi più dolce, il sentiero si addentra fendendo un bosco di castagni frammisti a betulle e robinie.

Dopo circa 20' dal Santuario, si perviene ad una selletta denominata Colle Bastia a 575 m di quota, dove ci si immette, in leggera discesa, nella vecchia mulattiera che univa i due paesi (Nembro a Lonno). Il sentiero procede in falsopiano, incontrando poco oltre un bella fontanella d'acqua e parte del "percorso vita" attrezzato con cura dai soci del CAI Nembro. Man mano si procede, il bosco cede il posto alle coltivazioni ed ai prati disseminati di cascine ed ortaglie, mentre si fa sempre più visibile l'abitato di Lonno e con lo sguardo si può spaziare sulla pianura, da cui sale il rumore dell'operosità. Si perviene così alla piazza antistante la Chiesa Parrocchiale dedicata a S. Antonio Abate (700 m, 50' dal Santuario dello Zuccarello). Consigliata una visita alla Chiesa. Si prosegue, quindi, lungo la via Buonarroti attraversando il nucleo abitato fino in prossimità del bivio per il campo sportivo, dove si devia a destra, raggiungendo le ultime case del paese.

Qui si seguono ora le indicazioni del segnavia CAI n. 534, trascurando il n. 535-monte Podona, posto sulla destra. Si entra nel bosco, percorrendo l'antica mulattiera per Salmezza, superando il Rio Fontana ed oltrepassando alcune cascine. Man mano si sale, è già possibile godere della vista sul dirimpettaio Monte di Nese con il monte Filaressa alle spalle, mentre il bosco si arricchisce di nuove specie vegetali che, con la loro ombra, rendono gradevole il procedere. Il sentiero ora incontra una grotta che accoglie un piccolo altarino alla Madonna e, in tempi piovosi, anche una sorgente; proseguendo si raggiunge il "Colle della Olta" (893 m, 25' da Lonno), dove si stacca sulla destra una ripida traccia per il Monte Podona. Proseguendo sul tracciato principale si superano alcune vallette fino a raggiungere i primi prati di Salmeggia (o Salmezza), patria del famoso pittore Enea Salmeggia, detto il Talpino, e collegarsi al sentiero n. 533 che proviene da Monte di Nese (1h da Lonno). Qui si continua verso destra sull'architettonica mulattiera che corre tra pascoli ben tenuti, costeggia una cascina con archi in pietra giungendo sulla strada asfaltata che collega la frazione a Selvino, nei pressi di una vecchia trattoria, dove è possibile ristorarsi con cibi nostrani. Seguendo ora le indicazioni "Monte Podona", si ritorna sulla mulattiera che porta alla Chiesetta di San Barnaba (1063 m, 20' dal bivio), dominante la minuscola contrada. Giunti di nuovo al valico sulla strada asfaltata (punto più alto di tutta la Via Mercatorum), si scende in direzione di Selvino a cui si perviene in circa 20' (2h 15' dalla partenza).

L'antica Via Mercatorum, purtroppo in questo tratto, corre su strada asfaltata. Da via Perello, ora, si seguono le indicazioni per Aviatico, procedendo verso sinistra. Si attraversa così Selvino, rinomata località turistica della Valle Seriana, raggiungendo la stazione d'arrivo della funivia che sale da Albino e della sottostante mulattiera che costituisce un altro punto d'innesto storico della Via Mercatorum. Proseguendo su via Aviatico prima, poi su via Cantul, si supera la stazione di partenza della bidonvia del monte Poieto, portandoci così alla Chiesa di Aviatico (1022 m), oltre la quale si può visitare la graziosa Chiesetta di San Rocco. Sempre su strada asfaltata, ma in ambiente naturale, si raggiunge il nucleo abitativo di Trafficanti (km 4) con la Chiesa Parrocchiale dedicata a Sant'Erasmo (868 m), dove un'antica insegna ricorda il transito di mercanti e carovanieri da questa località, forse sorta appositamente quale punto di sosta. Oltrepassato il centro, si lascia la strada principale per scendere su via Tassone, dove, finalmente, una targa segnaletica ci segnala di trovarci sulla antica via Mercatorum. Si scende sulla strada asfaltata, superando la deviazione per la Sorgente Leamagn (da visitare), e, poco più sotto, nei pressi di un Crocefisso, si abbandona la strada per prendere, a destra, la mulattiera selciata ed inoltrarsi così nell'ombrosa Val Tassone (vedi indicazione). L'ambiente è straordinario, pare davvero di essere ritornati indietro nel tempo, quando il silenzio del bosco era rotto solo dal calpestio dei muli e dei mercanti.(*) Si perviene alla bella Tribulina del Grom, un luogo di preghiera, di recente sistemazione. Proseguendo in discesa, in breve si è sulla strada in località Nespello.

Questa contrada, fino a pochi anni fa vivacemente popolata, ha subito anch'essa, il declino di tutti i paesi rurali di montagna. Si continua in salita su via Nespello, con il bel Santuario della Forcella in alto a destra e giungendo così sulla strada provinciale alle porte di
Costa Serina (869 m, 30' da Nespello). Si piega a destra, raggiungendo in breve il Santuario della Forcella, dedicato alla Madonna della Neve (850 m). Dopo l'eventuale visita, si prosegue in direzione di Tagliata, lungo la strada che diparte dietro il Santuario. Oltrepassata la piccola frazione, si riprende la strada principale che porta a Cornalba (893 m), ridente paese della Val Serina, adagiato al sole sulle pendici del monte Alben. Poco prima di giungere in paese, ad un tornante, si prende il sentiero che sale a sinistra, tra i prati, divenendo poi mulattiera nel bosco e sbuca in località Castello, all'inizio di Cornalba.

Si supera il paese, procedendo di nuovo su asfalto in direzione di Serina, località turistica molto frequentata ed incontrando l'ex Chiesa di San Salvatore di "Casa Torre", ora meglio conosciuta come San Pantaleone. Raggiunta Serina, vale proprio la pena dedicare un po' di tempo alla visita del paese, con le sue vie storiche, la Chiesa Parrocchiale e le case quattrocentesche come la "Casa", in contrada "Mezza Ca'", nei cui pressi sorge una bella Fontana tricuspide di origine veneta, divenuta anche il logo della Via Mercatorum. Proprio qui, su via Corone, riparte il nostro tracciato che, in discesa, attraversa la strada, e ridiscende fino ad oltrepassare un torrente. Passati sul versante opposto si sale, oltrepassando una cascina posta in mezzo a stupendi prati, idillio del locale allevamento di asini. Si entra nel bosco, incontrando una fontana d'acqua e poco dopo una stalla. Il sentiero, in parte lastricato, alterna tratti ripidi a tratti più dolci.

Un lungo traverso in un bosco arioso porta a toccare una stalletta e, successivamente, in modo un po' più ripido va a sbucare al Passo Crocetta, 1051 m, valico tra
Serina e Dossena. Seguendo le indicazioni per Dossena, si continua lungo la strada provinciale sino alla Cappella degli Alpini e, 300 metri dopo, a destra della strada si prende la gradinata (vedi cartello indicatore) che s'innalza nella boscaglia, restringendosi poco oltre a livello di sentiero. Un breve tratto di moderata discesa porta a sbucare in ampi prati da sfalcio, dove il tracciato, da tempo trascurato, si perde un poco tra i rovi, uscendo in prossimità del Campo Sportivo in località Villa di Dossena (990 m), nei cui pressi è sorta la Chiesetta dedicata a Maria Bambina. Ampie vedute sulla media Val Serina.

Proseguendo lungo la via Villa, ci si abbassa in direzione di Dossena, immettendosi, al primo bivio, verso destra fino alla Forcella, dove si continua lungo la strada che porta verso le ex miniere. Ormai fuori l'abitato, un cartello indicatore del nostro tracciato ci induce a seguire la stradetta che si stacca a sinistra della strada e che, in discesa, porta in prossimità di una cascina, dove, abbandonatala, si continua su sentiero che si inoltra in un bel bosco di faggi, delizia dei fungaioli. Al bivio dopo la valletta si scende tenendo la sinistra e, successivamente, si piega a destra (vedi cartelli indicatori). Un bel tratto fiancheggiato da faggi contorti, nei pressi dei ruderi di una stalla, poi una breve salita che porta ad una stradetta sterrata che va seguita in discesa verso sinistra (zona popolata da caprioli). Ad un tornante con cartello indicatore, si prosegue sulla stradetta fino all'incrocio successivo dove si piega a sinistra in discesa raggiungendo un'amena ed inclinata radura con baita, conosciuta come "ol caselì del Ronchelì" (Ronchellino).

La via Mercatorum, qui, scende, avendo di fronte l'intera bastionata del monte Cancervo e della "crepa" della Val Taleggio e alcuni nuclei rurali molto caratteristici e, purtroppo, ormai quasi disabitati, posti sopra il più grosso borgo di San Pietro d'Orzio. Dal Ronchellino si segue il sentiero che scende, per bosco e prati alla frazione Bosco Fuori (720 m) da cui è già visibile l'altra contrada, Bosco Entro e la piccola chiesa di San Rocco. Entrati in Bosco Fuori (tutt'oggi abitata solo da 13 persone), si raggiunge con la mulattiera il vicino nucleo di Bosco Entro, dove si possono ammirare antichi affreschi sul muro di un'abitazione di evidente proprietà vescovile. Proseguendo, si perviene in breve alla chiesa di San Rocco, risalente al 1804. Ottimo punto panoramico sulla bastionata del monte Cancervo e sulle cave di Cespedosio. Si segue il sentiero che s'allontana sotto la chiesa dapprima tra prati con fienili, poi nel bosco fino a reincontrare la strada che collega fra loro le varie frazioni di San Giovanni Bianco, salendo da San Pietro d'Orzio (640 m). Un tratto di asfalto verso sinistra ed eccoci a Grumo, storico posto di ristoro per le carovane (618 m, 30' da Ronchellino). La mulattiera prosegue a destra delle abitazioni, addentrandosi in una valletta ombrosa. Al primo bivio, tenere la destra in discesa, al successivo seguire la traccia di sinistra. Il fondo originario è lastricato con pietre calcaree. Nei pressi della passerella in cemento sul torrentello, si continua diritti, tenendosi a sinistra del rio. Alternando tratti più ariosi a tratti più ombrosi, si supera una stalla ed una Santella con una rovinata effigie di Maria e Gesù (520 m, 20' da Grumo).

Tra pareti di roccia, anticamente tagliate per far passare la "strada" e tornantini gradinati, si scende nel bosco fino alla passerella sul Brembo che consente di raggiungere la strada provinciale, in località Orbrembo di
Camerata Cornello (476 m, 1h 15' dal Ronchellino), all'inizio dell'antica strada lastricata che sale alla contrada di Cornello dei Tasso in una decina di minuti. Cornello rappresentava, ai tempi della Via Mercatorum, una "Mutatio" (cambio dei cavalli e sosta) e uno dei centri più attivi e fiorenti dell'intera valle Brembana. Possedimento terriero dei Tasso (Bernardo e Torquato i più famosi), era anche il punto di partenza per il ramo della Via Mercatorum che saliva ad Averara e, attraverso la Valmoresca, al Passo San Marco per scendere in Valtellina e confluire con le altre Vie dirette a Nord Europa. Da Cornello, una ondulata mulattiera porta, dopo aver superato Piazzalina con la chiesetta di Sant'Anna, ad Oneta di San Giovanni Bianco, luogo natale di Arlecchino, da cui la via Mercatorum scendeva a San Giovanni. La via Mercatorum, per convenzione, viene fatta terminare qui ad Oneta, dopo un percorso di 40 km.

Tratto da http://www.brembana.info/trekking/mercatorum.html

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VIA  PRIULA
Fra i tanti possibili itinerari turistici della Val Brembana, il più ricco di testimonianze storiche e culturali e anche di bellezze naturali è probabilmente quello che ripercorre la Via Priula.
«PER DUE SECOLI QUESTA CASA CANTONIERA VIGILÓ SULLE ALPI BREMBANE I TRAFFICI E LA SICUREZZA DELLA REPUBBLICA DI SAN MARCO» (Epigrafe Ca' San Marco).
LA COSTRUZIONE Ho fatto tagliare una strada nel sasso vivo. (Alvise Priuli, 1593)
La costruzione della Strada Priula si colloca nella seconda metà del XVI secolo. A quell'epoca le Alpi centrali acquistarono sempre più importanza essendo il crocevia fra lo Stato di Milano e l'Austria (entrambi sotto la dominazione spagnola), e fra la Francia e la veneziana Repubblica Serenissima. In questo complesso scacchiere politico la Valtellina (sotto il controllo dei Grigioni a partire dal 1516) aveva dunque una notevole importanza strategica sia in ambito militare che economico.
Già nel 1590 (a causa di richieste di truppe mercenarie svizzere) Venezia incomincia comincia a ipotizzare la costruzione di una nuova strada che abbia lo scopo di migliorare le comunicazioni fra i due Stati a vantaggio dei mercanti grigionesi di Chiavenna e Morbegno e di quelli veneti di Bergamo e della bassa Padana. L'ideazione di tale via di comunicazione fu di Alvise Priuli (da cui deriva il nome della strada) potestà di Bergamo dal giugno 1591. La nuova strada, oltre ad offrire grandi vantaggi nella circolazione delle merci fra Grigioni e Repubblica di Venezia, avrebbe escluso, con abile manovra ingegneristica e politica, il transito delle merci nelle terre "ostili" del Ducato di Milano (evitando così anche di introdurre sulle merci un gran numero di tasse doganali). Il 29 agosto 1592 il Senato Veneto concesse il nulla osta per l'inizio dei lavori di realizzazione della via di comunicazione. Sul versante valtellinese la nuova strada inglobò la già esistente "via d'Orta" (tracciata fra il 1548 e il 1571). Il progetto di tale via prevedeva che la strada avrebbe dovuto essere larga almeno 2,70 metri, in modo di consentire il passaggio a piccoli carri a quattro ruote. In realtà però si ottennero misure molto inferiori che pregiudicarono una buona quota di transiti. Nel 1593 fu costruita la casa cantoniera di San Marco, nei pressi del valico. L'opera iniziata da Alvise Priuli fu portata a termine nel novembre 1594 da Quercini, suo successore nel ruolo di Podestà. La strada venne edificata ex-novo, senza cioè utilizzare vecchi sentieri preesistenti, con partenza dalla città di Bergamo ed arrivo a Morbegno, da cui era possibile raggiungere i Grigioni tramite la Valmalenco, oppure tramite la cosiddetta "Strada dei cavalli" in Valchiavenna.
 I costi, inizialmente previsti nell’ordine di 2000 ducati, aumentarono esponenzialmente fino a quadruplicare, raggiungendo la cifra finale di 8200 ducati.
Al lettore potrà sembrare di vivere un deja vu, ritrovando nell'esecuzione di questa opera i mali che affliggono l'affidamento dei lavori per la costruzione delle infrastruttere nel nostro Paese. In questo caso il lievitamento esponenziale dei costi non è dovuto ad una cattiva gestione e nemmeno una riproposizione nella serenissima di mani pulite, ma bensì ad un cambio sostanziale della progettazione: inizialmente era prevista la sistemazione di un tracciato già esistente, mentre si è poi optato, come già ricordato, di edificare la strada ex-novo.
Tale scelta è dovuta al fatto che l'esistenza di una strada facilmente transitabile avrebbe potuto provocare la discesa di truppe ostili (non avete mai notato quanto castelli ci sono tutt'ora nella zona della Val Cavallina o della Val Calepio) e pertanto vi era la necessità di predisporre una strada facilmente "guastabile" (i numerosi ponti potevano facilmente essere abbattuti). «... In torno alla restaurazione della strada di Val Brembana, ed al modo che si deve tenere per introdurvi un importantissimo transito di mercanzie che da oltremonti passano per Italia, dirò per ora (...) che ho fatto tagliare una strada di larghezza nel sasso vivo di cinque braccia per lo meno, dove mi è convenuto passar per lunghezza; e per il resto delli 36 miglia che da Bergamo alla colma della montagna e confine di Valtellina ella cammina, secondo i siti e la comodità dei terreni, di molto maggiore e più conveniente larghezza; sicché così come al tempo dell’estate solamente si poteva per aspissime balze cavalcarla con fatica con il peso de mezza soma solo, e ben spesso bisognava che le robbe fossero portate dalli uomini sopra le spalle, al presente ella può essere adoperata non solo dalli mulattieri con le some intiere, ma appresso ella potrà (introdotto il negozio delle mercanzie) adoperar per tutto con li birocci, e per la maggior parte li carri ordinarj. (...)
L'ultimo stratto della Priula al Passo San Marco
La parte della strada verso Morbegno, territorio di Valtellina e giurisdizione dei signori Grisoni, non è ancora principiata, e questo succede per essere ancora carica di nevi, essendo parte esposta alla tramontana; lo ho ben tutta disegnata, e trattato anche con li maestri per farla accomodare, il che tutto mi è stato necessario di ordinare e comodare, avendo così voluto quelli di Morbegno, (...) essendomi occorso, per ordinar la strada per quel territorio, passari monti e capitare in Valtellina circondando quasi tutto quel territorio di Morbegno, mi sono estremamente consolato scoprendo dalle estrinseche cortesi dimostrazioni di tutti quei popoli la devozione e congiunta buona volontà che tengono verso lo Stato e cose della S.V.: il che tutto mi è parto tanto più nuovo e meraviglioso quanto che per l’ordinario succede, tra i popoli confinanti sotto a diversi principi, tutto in contrario, come interviene con li sudditi milanesi nel Bergamasco, quali conservano insieme tanto odio, che maggiore non se ne potrebbe esplicare...» (Alvise Priuli, relazione al Senato della Serenissima, 1593)
LE CHIAVI DI BOTTA
Un’opera fondamentale per la realizzazione della strada furono indubbiamente le chiavi della Botta. Queste si erano rese necessarie per superare uno strapiombo di roccia a picco sul fiume Brembo tra i paesi di Villa d'Almè e Sedrina, in località Botta. Questa barriera naturale aveva impedito il passaggio a chiunque nei secoli precedenti, tanto che per collegare i due paesi si doveva percorrere un angusto sentiero sui monti sovrastanti. Le carovane invece evitavano questi paesi percorrendo la via Mercatorum, più lunga ma molto più comoda, che da Nembro (in val Seriana) portava a San Giovanni Bianco. Fu quest’opera assai ardita a togliere dall’isolamento commerciale (e non solo) i paesi limitrofi. Secondo studiosi bergamaschi, tra cui Bortolo Belotti, le chiavi erano costituite da una serie di archi appoggiati alla parete di roccia e fissati ad essa tramite delle catene, su cui passava la strada. Un tratto lungo soltanto 200 metri, tanto indispensabile quanto pericoloso, poiché soltanto un piccolissimo muretto, alto pochi centimetri, proteggeva commercianti, viandanti, animali e carichi al seguito, dal precipizio.
«In un pezzo di strada sostenuta da archi appoggiati sopra macigni eminenti sul Brembo, che vi passa ad una spaventosa profondità» (Giovanni Maironi da Ponte, 1803)
Si tratta però di supposizioni date da citazioni e descrizioni, poiché quest’opera è andata perduta con il passare degli anni, a causa della mancata manutenzione della strada dopo la crisi della repubblica di Venezia.
LA GESTIONE Una volta aperta la strada però non ebbe il successo sperato da Priuli a causa della mancanza di custodia nella Ca' San Marco e della scarsa manutenzione effettuata dai Grigioni nel tratto di loro competenza. I traffici commerciali che interessarono la Priula furono pertanto sempre molto modesti (all'incirca pari 20 muli al giorno nei due sensi, oltre i pedoni, le mandrie in transumanza, i corrieri postali fra Parigi e Venezia e periodici passaggi di truppe e materiale bellico). Nel 1612 i Grigioni (che ottennerò così una formidabile arma diplomatica), intimoriti dalla pressione spagnola, chiuderanno l'accesso valtellinese al passo. Negli anni successivi verrà riaperta al traffico ma continuerà ad interessare soprattutto l'economia locale. Fra il 1820 e il 1840 , assieme alle grandi vie militari dello Spluga e dello Stelvio, verrà resa carreggiabile anche se sul versate valtellinese, bisognerà attendere fino al 1890 per la realizzazione della tratta Morbegno Albaredo. Dal 1968 una nuova strada collega, sulle orme dell'antica via Priula, la Val Brembana con la Valle del Bitto e la Valtellina.

Tornando nel passato bisogna comunque prendere atto che se anche la Via Priula non ha ottenuto i risultati sperati dal Governo del Doge in ambito di politica internazionale, questa ha comportato un sostanziale miglioramento economico e sociale per la Valle Brembana ed è stato comunque ben accetto dai valligiani (salvo le naturalissime eccezioni, proprio come oggi). Nè è prova anche il fatto che nonostante, per la costruzione di questa infrastruttura, ci sia stato un inasprimento dell'imposizione fiscale, la fedeltà del popolo brembana e la benevolenza del governo verso di esso non sono mai venuti a meno (rimandando ad un futuro scritto il rapporto tra il Governo di San Marco e la Valle Brembana).
LA CA' SAN MARCO
«Via haec ab urbe Bergomi Morbinium tendens - Temporis iniuria et montium ruinis interrupta rerum vectigalium taberna quae opera ab Aloysio Priolo Praefecto inchoata ab Ioanne Quirino Praefecto ex Serenissimi Senatus decreto perfecta fuerat usque absoluta. Anno MDXCIV (Epigrafe Ca' San Marco - la suddetta epigrafe fu posta su questa casa all'epoca della sua costruzione)
La "Cantoniera Cà San Marco", il più antico rifugio alpino d'europa, costruito nel 1593 ha vissuto (e vive tutt'ora) tutta la storia e le vicende legate a questa antica via di comunicazione.
«VIA HAEC AB URBE BERGOMI MORBINIUM TENDENS TEMPORIS INIURIA ET MONTIUM RUINIS INTERRUPTA RERUM VECTIGALIUM TABERNA. QUAE OPERA AB ALOYSIO PRIOLO PRAETORE INCHOATA AB IOANNE QUIRINO PRAEFECTO EX SERENISSIMI SENATUS DECRETO PERFECTA USQUE ABSOLUTA ANNO MDXCIV EPIGRAFE POSTA SULLA CASA NEL 1596 RILEVATA NEL 1809 DALL'INGLESE TOMASO CORYATE "MY OBSERVATIONS OF BERGAMO", CHE PERCORSE LA STRADA PRIULA NEL VIAGGIO DI RITORNO IN PATRIA» (Epigrafe Ca' San Marco)
E' curioso tuttavia osservare l'elenco di alcuni custodi che si avvicendarono nella sua sorveglianza, come pure è interessante leggere i capitoli che dovevano essere seguiti con puntualità da chi otteneva in appalto la custodia della Casa Cantoniera e della strada. Il contratto di appalto aveva la durata di cinque annui ed il canone era da pagarsi in due rate annuali, una a Natale e l'altra a Pasqua; il custode aveva l'obbligo di effettuare una manutenzione ordinaria della casa e di tenere aperta la strada anche d'inverno; di avere sempre disponibile "nella casa predetta, quella quantità di pane, vino, legna che potesse bisognare per servizio dei passeggeri". Nel 1728 il custode della casa prendeva 260 ducati, con l'impegno di tenere aperta la strada anche d'inverno; faceva osteria e guadagnare bene perché esente da dazi e gabelle; dal 1742 al 1785 si susseguirono diversi Paleni di Cusio, Francesco, Pietro e Cristoforo. La Cantoniera Cà San Marco dipendeva dal comune di Averara come amministrazione civile, ma seguì sempre l'amministrazione ecclesiale del comune di Mezzoldo. Dal 1965, anno in cui la nuova carrozzabile arrivò sino al passo e ci collegò successivamente con le genti della Valtellina, la "Cantoniera Cà San Marco Valle Brembana" ha perso il suo antico e originario ruolo di rifugio.
«GLI OPPOSTI CASTELLI, LA VENETA DOGANA LA STRADA PORTICATA CON LE TAVERNE E I FONDACHI TESTIMONIANO DELL'ANTICO TRANSITO CREATO DALLA SERENISSIMA PER VOLERE DI ALVISE PRIULI PODESTÁ DI BERGAMO FERVIDO DI TRAFFICI NEL VALICO DELLA CA' S.MARCO VERSO I GRIGIONI E LE TERRE TEDESCHE FECE NOTO IL NOME DI AVERARA CHE CON RINNOVATE ESENZIONI E PRIVILEGI EBBE BENEVOLENTE LA REPUBBLICA VENETA COL CONFERMATO NOME AI SUOI ABITANTI DI "CIVES VENETIANI"» (epigrafe del comune di Averara, 1950 )
Tratto da http://www.valbrembanaweb.com/valbrembanaweb/sitogino/documenti/strade.html

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