mercoledì 27 dicembre 2017

Banali considerazioni di un "vecchio" alpinista.



Ho frequentato la montagna da ragazzo, poi, con il passare del tempo, con ascensioni sempre più difficoltose e impegnative.

L'esperienza che ho acquisito, dapprima con i consigli di mio padre, anche lui amante della montagna, e successivamente da un compagno esperto, mi ha sempre accompagnato nei momenti in cui la prudenza doveva necessariamente avere il sopravvento sull'istinto.

Scelte difficili specialmente quelle che dovevo assumere a pochi metri dall'obiettivo, cullato e progettato da tempo. Scelte che, in alcuni casi, sono stati provvidenziali ad evitare di compromettere la mia integrità fisica e, altrettanto importante, di colui che mi accompagnava o di coloro che sarebbero dovuti soccorrermi.

Ho sempre ritenuto che la "passione" non dovesse prevalere rispetto alla sicurezza mia e degli altri.

Per questo motivo non comprendo la faciloneria e la presunzione di coloro che affrontano, specialmente in situazioni particolarmente negative, i rischi che possono correre.

Siamo all'inizio dell'inverno e già molti incidenti, di cui alcuni con esito letale, hanno trovato spazio nell'Informazione. Alcuni, purtroppo, che hanno coinvolto anche persone esperte e attrezzate, altri, molte altre, causati dall'incoscienza di chi li ha subiti.

Nonostante le raccomandazioni che vengono ampiamente pubblicizzate, si verificano incidenti incomprensibili, che mettono in evidenza la completa mancanza di rispetto della natura e la presunzione di "superiorità"  con la quale la si affronta.

Moniti che si perdono nel deserto della superficialità umana.

Situazioni che mettono a rischio l'altrui incolumità.

Una partita a dadi con il destino.


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