lunedì 5 marzo 2012

Alben, Arera, Farno: storie di sfregi




Gli impianti sciistici abbandonati, un nuovo viaggio nel degrado. Già negli anni Ottanta era evidente il problema delle piste costruite a quote troppo basse

I segni degli impianti sciistici abbandonati sono sfregi sulle montagne bergamasche. La vista oggi è desolante in diverse località delle valli orobiche, ma la storia di quel degrado parte da lontano.
Era il 1988 e Valerio Bettoni era assessore provinciale al Turismo; quell'anno sui tavoli della Provincia, della Regione e dei giornali arrivò un documento scritto da lui che tuonava contro il rischio di chiusura degli impianti dell'Alben, a Oltre il Colle.

Impianti che appena nati boccheggiavano già, mancanza di neve, emergenza continua: «Così non possono stare in piedi», disse l'assessore provinciale e infatti i piedi cedettero subito e dall'Alben se ne andarono tutti. Lì in mezzo a quel pugno di fiori gialli, che in questi giorni fanno sembrare l'Alben un sole riflesso, rimangono gli skilift e la seggiovia, arrugginiti, con una recinzione rotta che cerca di non farli notare troppo ai turisti.

«Una vittoria per noi - racconta Michele, uno che in quegli anni si batté per non farli costruire, uno dell'allora famoso Gruppo di difesa del Monte Alben - ma una vittoria di Pirro, perché la natura si è ritrovata con quei vecchi ferri addosso; è come se ti operassero per un intervento di
cui non hai bisogno e ti lasciassero una garza dentro».

Il Gruppo di difesa le provò davvero tutte, manifestazioni, campagna di stampa, processioni davanti alla Provincia e agli organi competenti: «Niente da fare, li fecero ugualmente e durarono il tempo di un inverno». Ufficialmente dismessi nel 2003 dopo una frana, non funzionarono mai: «Troppo bassi - osserva Mario Zamboni, responsabile del Wwf Bergamo -; ricordo quelle battaglie, ricordo che non ci ascoltarono, la società che si ostinò per realizzarli era la stessa che aveva fatto gli impianti a Selvino, al Poieto, ma là non c'era neve e pensarono così di andare sull'Alben.

Un altro buco nell'acqua, un prato esposto a sud che parte da 1.400 metri, non c'è neve. A Poieto all'inizio era diverso ma perché l'impianto risaliva ad almeno 50 anni prima e allora nevicava di più. Negli anni Ottanta era già cambiato tutto, ma non ci ascoltarono».
La località si chiama Plassa Arera e dopo aver percorso una strada sterrata si arriva ai due skilift e alle due seggiovie: lì attorno una casa, un bar più a valle e il rifugio Capanna 2.000. Il prato va da 1.400 a 2.000 metri. Il Comune di Oltre il Colle ripristinò il tronco superiore di seggiovia che poi venne collegato a una nuova strada che arriva a 1.600 metri, nata tra le polemiche.

L'Arera rimane lì, con quel suo inconfondibile profilo che la fa sembrare un intarsio di rocce e piante e il suo sentiero dei fiori: «Che quando lo percorri e arrivi lì di fronte a quella ferraglia ti si chiude il cuore, perfino i fiori crescono meno, sembra si rifiutino di sbucare lì in cima, fateci caso, smettono di crescere a poche centinaia di metri dagli impianti».
Monte Farno, sopra Gandino, skilift e seggiovia e nessun sciatore. Qui l'avventura degli impianti sciistici si è conclusa subito. Gli impianti funzionarono ufficialmente fino agli anni '90 ma già appena conclusi i lavori di sciatori ce n'erano davvero pochi. Era il 1977 e quando cominciarono i lavori nacque subito un comitato per la salvaguardia della montagna gandinese che distribuì volantini in cui spiegava perché l'impianto non poteva funzionare: mancanza di neve, scarsa altitudine e impatto ambientale notevole.

Niente da fare, gli impianti vennero costruiti e contestati, funzionarono la bellezza di un inverno e poi la gente cominciò ad andarsene. La neve non c'era proprio ma le strutture erano davvero tante; allora il Farno era il punto di riferimento delle vacanze in montagna dei residenti della ricca Val Seriana (il tessile era nel suo boom): c'erano l'albergo Ongaro e la Capanna Pineto, di proprietà dell'Atalanta, l'albergo Edelweiss e l'ex Colonia delle Orsoline che ospitava ogni anno migliaia di ragazzi.

«Negli anni '30 - racconta Beppe Imberti, sindaco di Casnigo che passava le vacanze al Farno - c'erano meravigliosi impianti di fondo e arrivavano qui da tutte le parti. Alla stazione dei treni di Bergamo c'erano grandi manifesti che raffiguravano il Monte Farno, servivano per accogliere gli sciatori che venivano da Milano». Adesso gli impianti di fondo sono stati portati alla Montagnina sotto il Pizzo Formico, una zona dove la neve rimane per molti mesi.

Per il resto sul Monte Farno tutto chiuso o quasi. Dello sci neanche l'ombra, la seggiovia Gandino-Conca del Farno partiva da un'altezza di 550 metri per arrivare a 1.300 metri, una lunghezza di 2.400 metri. Poco, troppo poco per la neve di oggi, ma anche per quella di ieri.

Aristea Canini - Il Corriere della Sera - 5 marzo 2012

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