venerdì 31 agosto 2012

Orobie, da predatore a mascotte

 
L'orso sarà il «simbolo» del Parco

E l'orso, alla fine, divenne sponsor delle Orobie. Prima o poi qualcuno ci avrebbe pensato. Amato dai più, temuto da qualcuno, soprattutto allevatori e alpeggiatori, il plantigrado che, con qualche mese di pausa, abita le Orobie, anche bergamasche, dal 2008, si appresta a diventare una sorta di «mascotte» ufficiale delle nostre montagne.

Il progetto è del Parco che, in queste settimane, sta andando alla ricerca di ogni cosa che nella nostra provincia abbia a che fare con l'orso, dalla preistoria a oggi. A iniziare dalla toponomastica, per passare all'araldica e alle testimonianze scritte della sua presenza nel lontano passato, fino ai luoghi in cui è stato avvistato o segnalato di recente.

Il tutto per dimostrare che l'orso ha sempre fatto parte della nostra storia e, quello di questi ultimi anni, è semplicemente un ritorno. E poi, una volta mappata la sua presenza, per «sfruttarlo» turisticamente in vista dell'Expo del 2015. Insomma l'orso più che far scappare dovrà attirare.

«Diventerà una delle immagini simbolo delle Orobie – spiega il presidente del Parco, Yvan Caccia –. L'orso è sempre stato parte della nostra terra e ancora oggi, nelle iniziative che organizziamo su di lui, c'è tantissimo interesse.

Sarà una delle principali attrattive attorno al quale costruire percorsi guidati e iniziative a supporto del nostro patrimonio ambientale, storico e artistico. Porteremo il turista nei "luoghi dell'orso", perché lì il plantigrado è passato, o perché c'è un toponimo che lo ricorda. E in questo modo faremo conoscere le nostre ricchezze turistiche, naturalmente coinvolgendo gli operatori del settore».

L'Eco di Bergamo - 31 agosto 2012 Cronaca

1 commento:

Anonimo ha detto...

In riferimento all'articolo "Montagne come un luna park? «Non siamo riserva naturale»
Per i presidenti del Parco le nostre valli non sono «snaturate»
«Serve un equilibrio». L'esempio positivo della Cattedrale verde" e relativamente alla Cattedrale Verde vorrei commentare che, pur apprezzando l'opera "monumentale", esprimo molte riserve sulla sua "manuitenzione". Poichè é stata citata come esempio da riviste italiane e straniere che ne consigliano la visita, lo stato di abbandono (piante morte, erba alta, pali di sostegno ammalorati) produce il triste effetto di "Cattedrale nel deserto", anziché Verde. Coloro che ne hanno accettato l'installazione si attivino per mantenerla in uno stato presentabile; evitiamo figuracce all'italiana!